Welfare
Siamo un paese dazzardo
Scommesse nelle ricevitorie e slot machine: nel 2005 la media è stata di 1.066 euro per nucleo familiare. Che corrisponde al 4% delle entrate.
L a posta in gioco è altissima, da vertigini. Ogni giorno gli italiani aprono il portafogli per consegnare a ricevitorie e slot machine 77 milioni di euro. Una valanga di denaro affidata alla sorte che corrisponde al 4% del reddito medio, per una spesa annua che sfonda i mille euro a famiglia, con punte più elevate (fino al 6,4% sul reddito familiare) nel Sud Italia. Di fronte a questi numeri da capogiro, registrati dall?Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, Istat e Centro studi Sintesi, è partita la denuncia di Maurizio Fiasco, sociologo e consulente della Consulta Antiusura, vergata in un articolo di fuoco pubblicato sul Sole 24-Ore.
Nell?ultimo anno il Bel Paese ha puntato sulla fortuna 28 miliardi: un valore raddoppiato in meno di cinque anni e una cifra che vale il 2% del Pil, due volte più della spesa per la difesa e poco più dell?istruzione. E che se investita altrove avrebbe potuto generare 80 mila posti di lavoro o raddoppiare il taglio dell?Irpef. «Questa purtroppo è l?economia del sogno», dice amareggiato Maurizio Fiasco. «Mentre il paese ristagna, lo Stato promuove il gioco giustificandosi con le continue emergenze che impongono necessità di cassa, come è accaduto con l?ultimo Gratta e vinci per ripianare il debito delle Olimpiadi 2006». E poi aggiunge: «Il dato allarmante è che nei programmi elettorali dei due poli, centrodestra e centrosinistra, non ci sia un minimo accenno a queste risorse buttate letteralmente al vento. Senza contare le ripercussioni sociali e criminali legate all?usura».
Nessuna meraviglia quindi se l?unica industria che cresce in Italia è quella del gioco. Pochi mesi fa Lottomatica, la società concessionaria del gioco del lotto controllata dalla De Agostini, ha acquisito Gtech, leader negli Usa nei servizi all?universo dell?azzardo. Un?opa da 4 miliardi di euro con cui l?azienda italiana è diventata il maggiore operatore al mondo nel settore. «Con lo Stato che spinge e induce al gioco, non si capisce perché un imprenditore dovrebbe investire in innovazione, sviluppo o nei prodotti. Tanto vale buttarsi nel calderone delle scommesse come ha fatto De Agostini».
Provocazioni a parte, per Maurizio Fiasco la situazione è grave e in pochi sembrano rendersene conto. «Confcommercio si lamenta del calo dei consumi, ma non alza la voce contro le scommesse che impazzano nelle ricevitorie. Si tratta di soldi che potrebbero essere utilizzati per acquistare beni di prima necessità e per far ripartire la produzione industriale». Secondo Fiasco oggi serve una risposta politica, perché presto o tardi sarà la società ferita a reagire. «Perfino negli Stati Uniti c?è una proposta di legge, firmata da 150 rappresentati sia democratici che repubblicani, per frenare almeno i giochi online. In Italia cosa stiamo aspettando?»
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